Sempre più persone, nel prossimo immediato futuro, soffriranno di disfagia: lo rivela uno studio che si è concentrato sulla disfunzione dell’apparato digerente che interessa già oltre 100 milioni di persone in Europa e che entro il 2050 ne coinvolgerà potenzialmente altre 23 milioni. Una nuova ricerca portata avanti da una giovane Start Up Benefit ridona un po’ di speranza a chi ne è affetto.
Che cos’è la disfagia: i numeri in Italia e i problemi del Covid-19
Un problema comune, ma spesso ignorato dai più: eppure secondo gli studi ne soffrirebbe 1 persona su 5 in Italia. Sarebbero infatti oltre 6 milioni le persone affette da questo disturbo, sottovalutato addirittura dal 90% dei pazienti secondo un dato riportato nel 2020: si tende a minimizzare il problema, aggravando così la situazione e favorendo patologie più gravi.
Ma che cos’è la disfagia? È una disfunzione che impedisce la corretta deglutizione di acqua e cibo, un deficit che può portare a conseguenze come malnutrizione, disidratazione o disfunzioni respiratorie. Interessa quasi la metà degli over 75 in Italia e secondo le ultime proiezioni entro il 2050 si passerà dagli attuali 107 milioni di interessati a 153 milioni, soprattutto tra gli over 65.
A complicare la situazione, in questi due anni, anche il Covid-19: un paziente intubato o sedato in terapia intensiva, infatti, è a rischio disfagia e conseguente malnutrizione. Non si tratta però solo di un problema “meccanico”: non deglutire bene può infatti avere molte ripercussioni sullo stile di vita.
La disfagia toglie il gusto di ritrovarsi a tavola
Secondo quanto riportato da realtà mediche attive in questo settore, la disfagia toglie il gusto di ritrovarsi a tavola: chi ha difficoltà di deglutizione è meno propenso a mangiare e questo fa perdere interesse nei momenti di convivialità, condizionati dal dover nutrirsi di cibi frullati o gelatinosi, spesso insapori.
Tutti fattori che hanno ulteriori ripercussioni non solo sulla qualità del cibo ingerito, ma anche sulla quantità, l’apporto calorico e di nutrienti assunti. Il problema inoltre si riflette anche sugli operatori sanitari che si prendono cura dei pazienti con disfagia: le difficoltà ad alimentarsi creano ostacoli alla qualità del tempo condiviso con il paziente e al tempo di gestione.